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Crisi familiare e tutela del minore dopo la Riforma: nuove prospettive con legge n. 206/2021
SOMMARIO: 1. Centralità del minore. 2. Il curatore speciale del minore. 3. Rimedi sanzionatori. 4. Bilanciamento di interessi per attuare il best interest of the child. 5. Conclusioni.
 
1. Centralità del minore.
La legge n. 206 del 2021, avente ad oggetto misure urgenti per razionalizzare i procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie, ha recepito gli orientamenti espressi dalla giurisprudenza e le sollecitazioni più volte rivolte all’Italia dalla CEDU ed ha posto al centro della tutela i minori coinvolti nella crisi familiare.
La centralità che la riforma riconosce al minore trova compiuta espressione non solo nella rilevanza attribuita al suo ascolto1, ma anche nella previsione che lo stesso possa diventare parte formale nel processo mediante la nomina in suo favore, anche d’ufficio ed a pena di nullità, di apposito curatore “speciale”2. L’ascolto del minore dà spazio alla partecipazione attiva del minore nel procedimento che lo riguarda e costituisce il momento formale deputato a raccogliere le sue opinioni ed i suoi bisogni, attraverso un esame diretto raccolto dal giudice che consente di valutare ai fini della decisione le aspirazioni del minore, rappresentando uno strumento utile ed indispensabile per l’individuazione dell’interesse del minore.
La centralità del minore si esprime attraverso i criteri di competenza territoriale che ribadiscono, anche in tal caso una posizione già espressa in giurisprudenza, che il criterio di competenza prevalente sia quello della residenza abituale del minore, ovvero il luogo in cui si trova il centro dei suoi interessi e della sua vita al momento della proposizione della domanda, salvo il caso di illecito trasferimento.
La centralità del minore si esprime ancora attraverso l’esigenza di semplificazione dei riti, che nell’ottica della riforma consiste nella formazione di un giudice unico “specializzato”: il Tribunale per le persone, minorenni e famiglie- al posto del Tribunale ordinario, Tribunale per minorenni e Giudice tutelare; vi sarà anche un unico rito applicabile a tutti i procedimenti relativi allo stato di persone, minorenni e famiglie.
Questo nuovo sistema di tutela del minore è teso a favorire un’accelerazione dei tempi di giustizia, garantendo al tempo stesso risposte effettive e concrete nella risoluzione dei conflitti familiari.
L’art. 1 comma 23 lett. aa stabilisce che “in presenza di allegazioni o segnalazioni di comportamenti di un genitore tali da ostacolare il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo con l’altro genitore e la conservazione di rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale siano assicurate l’abbreviazione dei termini processuali e la concreta attuazione dei provvedimenti adottati nell’interesse del minore”. La lettera f prevede che il giudice possa assumere provvedimenti d’urgenza nell’interesse dei minori finanche prima dell’instaurazione del contraddittorio “quando ciò potrebbe pregiudicare l’attuazione del provvedimento o in presenza di pregiudizio imminente ed irreparabile”.
La centralità del minore traspare anche dalla perdurante titolarità in capo al giudice di poteri officiosi: art. 1 comma 23 lett. t “prevede che il giudice relatore, previo ascolto non delegabile del minore anche infradodicenne, ove capace di esprimere la propria volontà, fatti salvi i casi di impossibilità del minore, possa adottare provvedimenti relativi ai minori d’ufficio e anche in assenza di istanze, salvaguardando il contraddittorio tra le parti a pena di nullità del provvedimento; prevede che il giudice possa disporre d’ufficio mezzi di prova a tutela dei minori, nonché delle vittime di violenza, anche al di fuori dei limiti stabiliti dal codice sempre garantendo il contraddittorio e la prova del contrario, disciplinando i poteri officiosi di indagine patrimoniale”. Si segnala inoltre l’estensione dei poteri officiosi del giudice nel caso di cui all’art. 1 comma 23 alle vittime di violenze, limitatamente all’assunzione di prove, ed ai figli maggiorenni economicamente non autosufficienti ed a quelli con disabilità anche se maggiorenni.
E’ previsto che con gli atti introduttivi le parti depositino un piano genitoriale che illustri gli impegni e le attività quotidiane del minore, relativamente alla scuola, al percorso educativo, alle eventuali attività extrascolastiche, sportive, culturali e ricreative, alle frequentazioni parentali e amicali, ai luoghi frequentati ed alle vacanze normalmente godute; è anche facoltà del giudice presentare una proposta di piano genitoriale, nella quale illustrare la situazione di vita del minore e le sue esigenze sia in punto di affido, che di mantenimento, istruzione ed educazione. Nel piano devono essere indicati i punti su quali i genitori trovano accordo e l’avvertimento che in caso di mancato rispetto delle condizioni ivi previste il comportamento è sanzionabile.
Il giudice può avvalersi e nominare su concorde richiesta delle parti un professionista, iscritto oppure non iscritto all’albo dei consulenti tecnici, dotato di specifiche competenze in grado di fornire ausilio ai minori per la ripresa o il miglioramento delle relazioni tra genitori e figli3.

2. Il curatore del minore.
Il curatore “speciale” è istituto che ha visto ampliare il proprio ambito di applicazione nel momento in cui il minore ha cominciato ad essere considerato non più solo un soggetto passivo meritevole di tutela, ma soggetto attivo portatore di diritti ed interessi propri che devono trovare autonoma voce specifica e tutela nel processo.
Il minore è ormai considerato portatore di interessi propri ed è qualificabile come parte in senso sostanziale del processo; pertanto, nell’ipotesi di conflitto di interessi con i genitori, la tutela della posizione del minore può essere in concreto attuata solo se sia il medesimo autonomamente rappresentato e difeso anche in giudizio4.
Oltre alla previsione generale dell’art. 78 c.p.c. vi sono singole norme sparse che prevedono la nomina del curatore speciale (azioni di adottabilità, azioni di stato) ma in tutte il filo conduttore è il conflitto di interessi tra minore e suo legale rappresentante.
Anche se non vi sono indicazioni legislative che individuino quali siano i professionisti e quali competenze devono possedere per poter espletare la funzione di curatore speciale, quest’ultimo è un soggetto super partes.
Nel caso in cui sia nominato un avvocato troverà applicazione l’art. 86 c.p.c. sicchè può costituirsi in giudizio personalmente senza chiedere patrocinio di altro difensore5.
E’ figura elencata nelle fonti internazionali: la Convenzione europea sui diritti dei fanciulli, adottata dal Consiglio di Europa a Strasburgo 1996, ratificata con legge in Italia nel 2003, ed ancora la Convenzione sui diritti del fanciullo di New York 1989 prevedono che nel caso di conflitto di interessi tra minore e genitori il giudice possa nominare un curatore speciale, e che in il minore ha diritto ad essere ascoltato nelle procedure che lo riguardano.
Nel generale quadro normativo europeo si registra la tendenza a valorizzare la posizione del minore in tutti i procedimenti in cui è coinvolto come autonomo centro di interessi non sempre e del tutto coincidenti con quelli dei rappresentanti legali, per questo è previsto l’intervento del curatore speciale che consente di tutelare il minore sul piano sostanziale e processuale6.
E’ frequente la nomina del curatore speciale anche nell’ambito dei procedimenti di separazione o divorzio, quando a causa dell’elevato conflitto tra i genitori7 gli stessi appaiono incapaci di assumere decisioni sui figli, incidendo negativamente sulla crescita degli stessi e determinando situazioni di evidente disagio e pregiudizio.
Il curatore speciale appena nominato deve costituirsi in giudizio e partecipare alle udienze, tenere contatti con i genitori ed ascoltare il minore redigendo parere tenendo conto della volontà del minore, fornendo elementi utili a far rilevare il suo best interest.
Al di fuori del processo deve confrontarsi con altri professionisti (es. tutore, educatore, assistenti sociali, insegnanti, medici) al fine di comprendere la situazione psicologica del minore, ed in ragione dell’opera che deve prestare, soprattutto in relazione all’ascolto del minore, deve possedere non solo una preparazione giuridica ma competenze multidisciplinari8.
A partire dagli anni 2000, specie dopo la legge 2006 n. 54 e quella del 2012 sulla filiazione, la presenza del curatore speciale nei procedimenti che lo riguardano è divenuta sempre più pregnante, al punto da ritenersi necessaria ed obbligatoria al fine di tutelare gli interessi del minore.
Non mancano pronunce che affidano al curatore speciale compiti sostanziali determinati, oppure quello di fornire al minore un adeguato supporto psicologico9, e finanche quello di regolamentare i rapporti tra genitori e figli.
Di recente la Commissione Luiso si è fatta carico di recepire le pronunce della giurisprudenza e nei casi di elevata conflittualità tra i genitori è previsto che il giudice debba nominare un curatore speciale; la nomina è altresì obbligatoria quando è richiesta la decadenza dalla responsabilità genitoriale, ovvero l’emissione di provvedimento confermativo di allontanamento ex art. 403 c.c. o nei casi di affido extra familiare.

3. Rimedi sanzionatori.
La riforma prende posizione sul problema delle inadempienze dei provvedimenti personali (ma anche di natura economica) con l’art. 473 bis n. 39- che sostituisce nella sostanza il vecchio art. 709 ter c.p.c. prevedendo che “in caso di gravi inadempienze, anche di natura economica, o di atti che arrechino pregiudizio al minore o ostacolino il corretto svolgimento delle modalità di affidamento e dell’esercizio della responsabilità genitoriale, il giudice può d’ufficio modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente: 1. Ammonire il genitore inadempiente, 2. Individuare ai sensi dell’art. 614 bis la somma di danaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, o per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento, 3. Condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro ad un massimo di 5000,00 euro a favore della Cassa delle ammende.
Il giudice può inoltre condannare il genitore inadempiente al risarcimento dei danni in favore dell’altro genitore, o anche d’ufficio, del minore.
Si può dire che sono state recepite le indicazioni della legge delega (n. 206/2021) che conteneva indicazioni sulle modalità di esecuzione dei provvedimenti relativi ai minori, prevedendo che fossero determinate dal giudice in apposita udienza nel contraddittorio tra le parti, salvo che sussista attuale e concreto pericolo di sottrazione del minore o di condotte che potessero pregiudicare l’attuazione del provvedimento, prevedendo che l’esecuzione avvenga sotto il controllo del giudice, e che venga sempre salvaguardato il preminente interesse del minorenne, oltre a limitare l’uso della forza pubblica ai soli casi in cui sia assolutamente indispensabile e posto in essere tramite personale specializzato.
La novellata disciplina di cui all’art. 709 ter c.p.c. ha previsto il conferimento al giudice di poteri officiosi, previa instaurazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 614 bis c.p.c. in caso di inadempimento agli obblighi di fare e di non fare relativi a minorenni.
Del pari sono stati inseriti poteri officiosi nell’ipotesi di violenza domestica o di genere. Il legislatore ha inteso fornire al giudice maggiori strumenti per intervenire con tempestività a tutela di soggetti vittime di violenza ed in particolare di minori, al fine di adottare misure di protezione di soggetti che hanno subito violenza, prevedendo canali privilegiati.
Il giudice, ai sensi dell’art. 473 bis 46 c.p.c., qualora all’esito dell’istruzione, anche sommaria, ravvisi la fondatezza delle allegazioni, adotta i provvedimenti più idonei a tutela della vittima e il minore, tra cui gli ordini di protezione di cui oggi agli artt. 473 bis 70-71 c.p.c. e disciplina il diritto di visita individuando modalità idonee a non compromettere la loro sicurezza.
Tra i nuovi poteri officiosi del giudice nei procedimenti familiari si insinua anche l’invito alle parti ad esperire un tentativo di mediazione familiare in un’ottica deflattiva del contenzioso (art. 473 bis 10 c.p.c.)
E’ infatti previsto che il giudice, in tutti i procedimenti disciplinati dal nuovo rito, possa invitare le parti ad esperire un tentativo di mediazione; è rafforzata la mediazione demandata dal giudice.
In caso di gravi inadempienze o di atti che arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità di affidamento può modificare i provvedimenti in vigore, ed anche congiuntamente: 1) ammonire il genitore inadempiente, 2) disporre il risarcimento danni a carico di uno dei genitori nei confronti dell’altro, 3) condannare il genitore inadempiente al pagamento di sanzione ammnistrativa pecuniaria da un minimo di €75,00 ad un massimo di €5000,00 a favore della Cassa delle Ammende10.
La prima sanzione è quella dell’ammonimento del genitore inadempiente, ovvero l’invito ad astenersi dal tenere in futuro specifiche condotte omissive o commissive, con l’avviso che in caso di reiterazione potrebbero essere adottate sanzioni più gravose. L’ammonimento è la sanzione meno gravosa ed è disposta per sanzionare condotte dei genitori che ostacolino il corretto esercizio del diritto di visita, ovvero impediscano al minore di mantenere rapporti significativi con il genitore non collocatario, divenendo causa di pregiudizi gravi a carico del minore stesso.
La CEDU ha più volte sanzionato l’Italia per non aver adottato opportune misure adeguate a condannare, e quindi disincentivare, la mancata cooperazione del genitore che impedisce l’altro di tenere una relazione affettiva con il figlio; specificando che tali provvedimenti devono essere adottati celermente perché il protrarsi del tempo può determinare conseguenze irreparabili nelle relazioni con i figli (CEDU 2017 n. 66396 e 2016 n. 23280).
La legge n. 206/2021 nel dettare principi e criteri volti ad assicurare al minore un legame significativo con entrambi i genitori, prevede che il giudice possa avvalersi dei servizi sociali, pur precisando che gli emanandi decreti dovranno precisare limiti e presupposti dell’affidamento ai servizi e stabilire che in caso di violenza l’intervento dei servizi è finalizzato solo a prestare tutela; dispone, inoltre, che quando un figlio rifiuta di incontrare l’altro genitore il giudice possa, sentito il minore, accertare le cause del rifiuto e assumere i provvedimenti nel superiore interesse del minore, considerando ai fini della determinazione di affidamento e degli incontri eventuali episodi di violenza.
La nuova legge prevede anche la possibilità che il giudice possa adottare anche d’ufficio, previa instaurazione del contraddittorio, provvedimenti ex art. 614 bis c.p.c. in caso di inadempimento degli obblighi di fare e di non fare relativi a minori11.
La Suprema Corte12 ha infatti precisato che nel caso in cui venga in considerazione il dovere di frequentazione e visita del figlio minore non deve sfuggire all’interprete che esso è espressione della capacità di autodeterminazione del soggetto e deve essere rimesso nel suo esercizio alla libera determinazione e scelta di colui che è onerato; ogni diversa lettura sarebbe contraria all’interesse del minore.
Va precisato tuttavia che la non coercibilità del diritto di vista non vale ad escludere che al mancato suo esercizio non conseguano effetti, ad esempio limitazioni e financo la decadenza dalla responsabilità genitoriale ove si accerti la sussistenza di pregiudizi gravi in capo ai minori.
Non è dubbio che sia sanzionabile, invece, il comportamento del genitore che ostacola o impedisce il rapporto del figlio minore di età con l’altro genitore.
E’ noto peraltro che le sollecitazioni europee concorrono a dare attuazione al principio di effettività della bigenitorialità adottando tutte le misure appropriate per sanzionare l’assenza di collaborazione di un genitore nei confronti dell’altro.
Con la nuova formulazione dell’art. 709 ter c.p.c. il legislatore ha voluto prevedere la possibilità al giudice, che intenda condannare uno dei genitori a favore dell’altro, di fissare la somma di danaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento richiamando a tal fine espressamente l’art. 614 bis c.p.c. sull’attuazione degli obblighi di fare infungibile o non fare.
La ratio della norma introdotta dalla legge n. 54 del 2006 è quella di sanzionare condotte di violazione dei doveri genitoriali, diversi da quelli di natura economica, e fungere da deterrente13.
Il limite di tale norma consiste nell’impossibilità di prevenire tali comportamenti. Se per i provvedimenti di natura economica tale espediente è introdotto da un sistema di garanzie per quelli di natura personale, come tali incoercibili, tale risultato è più difficile.

4. Bilanciamento di interessi per attuare il best interest of the child
Di recente la Suprema Corte si confronta sul tema del bilanciamento di interessi necessario ad individuare il miglior interesse per il minore, e lo fa con l’ordinanza del 24.3.2022 n. 286; in particolare, il disposto collocamento in struttura etero-familiare del minore non tiene conto dei rischi di un drastico ed incomprensibile sradicamento del minore stesso dal proprio ambiente di vita familiare e dai propri affetti, tanto da esporlo in maniera forzosa ad una situazione per lui di forte ansia e stress psicofisico.
Del resto, nel caso di specie il giudice di legittimità lamenta il mancato ascolto del minore, che peraltro aveva espresso più volte di voler restare con la madre. Quest’ultima lamenta, al riguardo, che il divieto assoluto del minore di avere rapporti con la madre non risponda al superiore interesse ed al suo diritto di non subire ingerenze nella vita privata14, quantunque sia da attuare il diritto del padre alla bigenitorialità, anche considerando che alla luce della giurisprudenza CEDU, l’allontanamento dalla famiglia sia l’extrema ratio in caso di condotte indegne del genitore.
La finalità di realizzare il diritto alla bigenitorialità e dunque il miglior interesse del minore, che costituisce la ratio sottesa ad ogni provvedimento di affidamento di minori, incontra nel caso concreto un limite nell’esigenza di evitare un trauma, anche irreparabile, allo sviluppo psico-fisico del minore, rappresentato dall’ablazione totale e definitiva della figura materna dalla sua vita, senza tener conto inoltre che lo stesso minore avesse espresso volontà diversa in tal senso.
E’ noto in diritto che in tema di affidamento di figli minori di età, qualora un genitore denunci comportamenti dell’altro affidatario o collocatario di allontanamento morale e materiale del figlio da sé, indicati come significativi di una PAS (sindrome di alienazione parentale) il giudice di merito è tenuto ad accertare la veridicità di detti comportamenti (utilizzando mezzi di prova tipici e specifici) prescindendo sul giudizio astratto di validità scientifica di detta “patologia”, tenendo conto che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore, a tutela del diritto alla bigenitorialità e crescita equilibrata del figlio (Cassazione 2016 n. 6919, 2013 n. 7041).
E’ noto che il principio di bigenitorialità sia da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, e nel dovere dei genitori di cooperare nell’assistenza, educazione ed istruzione15.
Tale principio trova riscontro nella giurisprudenza della Corte EDU che, in riferimento al rispetto della vita familiare di cui all’art. 8 CEDU, ha precisato che è necessario un severo controllo delle restrizioni, ovvero quelle apportate dalle autorità al diritto di visita dei genitori onde scongiurare il rischio di troncare relazioni familiari tra un figlio di tenera età ed uno dei genitori .
In tale cornice sovranazionale di fonti e pronunce giurisprudenziali l’accertamento della violazione del diritto del padre alla bigenitorialità, e quindi la conseguente necessità di garantirne il ripristino, non può comportare automaticamente la decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre e l’allontanamento del minore dalla residenza familiare.
Orbene, pur condividendo la necessità di soddisfare il diritto-dovere del padre nei confronti del figlio minore di età, occorre effettuare un adeguato bilanciamento di interessi in gioco, al fine di poter correttamente individuare il best interest of the child: in quanto la rimozione forzosa della figura materna può divenire pericolosa per la salute psico-fisica del minore, specie laddove emerga, da elementi concreti e valutabili in giudizio, che il minore ha sempre convissuto felicemente e coltivato i propri interessi di bambino.
Al riguardo, si osserva che il diritto alla bigenitorialità è anzitutto un diritto del minore, prima ancora che dei genitori, nel senso che deve essere declinato attraverso criteri e modalità concrete dirette a realizzare il suo miglior interesse.
Il principio del superiore interesse del minore, disciplinato dagli artt. 337 ter c.c. e 8 CEDU, è principio cardine della Convenzione sui diritti dell’infanzia (ratificata con legge 1991 n. 176) e si coniuga nel seguente modo: necessità che l’interesse del minore sia considerato preminente quando si prendono in considerazione interessi diversi; è principio giuridico interpretativo fondamentale; costituisce regola procedurale nel senso che tutte le volte in cui si devono effettuare scelte sui minori occorre che si valuti il possibile impatto della decisione sul minore stesso.
L’interprete, dunque, è chiamato ad effettuare una delicata opera di interpretazione ermeneutica che consiste nel valutare in ogni caso la preminenza del diritto del minore su ogni altro diritto17.
Invero, ogni decisione che riguarda il minore deve compiere un difficilissimo bilanciamento di interessi: privilegiare l’interesse del minore in prospettiva futura, al prezzo di produrgli una sofferenza immediata; non vi è dubbio che la prospettiva di un vantaggio futuro per il minore deve essere bilanciata dalla quasi certezza che la sofferenza nel breve periodo sia superabile senza traumi18.
Fondamentale per individuare l’interesse del minore è l’istituto dell’ascolto; in tema di provvedimenti in ordine alla convivenza dei figli minori, l’audizione del minore infradodicenne capace di discernimento costituisce adempimento previsto a pena di nullità, a tutela dei principi del contraddittorio e giusto processo, in relazione al quale l’omesso adempimento impone al giudice una specifica motivazione.
Del resto, l’ascolto diretto dà spazio alla partecipazione attiva del minore nel procedimento che lo riguarda19, anche in considerazione del fatto che i minori sono parti sostanziali in quanto portatori di interessi diversi rispetto a quelli dei propri genitori.
Dunque, la tutela del minore si realizza attraverso il suo ascolto diretto, ed il mancato ascolto deve essere sorretto da adeguata e specifica motivazione a pena di nullità del provvedimento per violazione del principio del contraddittorio20.

5. Conclusioni
La riforma ha inteso razionalizzare l’attuale sistema processuale del diritto di famiglia introducendo apposito Titolo IV bis del II libro del codice di procedura civile rubricato “Norme per il procedimento in materia di persone minorenni e famiglia”, recante disciplina applicabile a tutti i procedimenti relativi allo stato delle persone e famiglia.
E’ significativa la disposizione scelta dal legislatore per il nuovo processo di famiglia: all’interno del II libro di cognizione dopo le controversie in materia di lavoro e non più tra i procedimenti speciali, avendo inteso riconoscere valore di diritti umani e fondamentali alle relazioni di famiglia.
E’ apprezzabile l’indicazione che in presenza di allegazioni o segnalazioni di comportamenti di un genitore tali da ostacolare il mantenimento di un sano ed equilibrato rapporto con l’altro e la conservazione di rapporti significativi con gli ascendenti, siano assicurate l’abbreviazione dei termini processuali e la concreta attuazione di provvedimenti adottati nell’interesse di minori, criterio ispirante dell’intera riforma sul processo di “famiglia persone e minorenni”.
Reggio Calabria 23.10.2023 Dott.ssa Tiziana Amodeo
(GOT del Tribunale di RC)
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Note
1 Cassazione civile 14.6.2021 n. 23804: in questa pronuncia la Corte annulla la sentenza impugnata in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 cpc per difetto assoluto di motivazione e/o motivazione inesistente o apparente in relazione ad un fatto decisivo, avendo la Corte omesso di motivare in ordine all’ascolto del minore infradodicenne capace di discernimento. La SC afferma che l’audizione dei minori, già prevista dall’art. 12 Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, è divenuta un adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che lo riguardano, ai sensi dell’art. 6 Convenzione di Strasburgo 1996, ratificata con legge 2003 n. 77, nonché art. 315 bis cc- introdotto dalla legge n. 219 del 2012 ed artt. 336 bis e 337 octies cc inseriti nel decreto legislativo n. 154/2013 che ha abrogato l’art. 155 sexies cc sancendo che l’ascolto del minore di almeno dodici anni rappresenta un suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse (Cass. Civ. 25 gennaio 2021 n. 1474).
2 Oggi curatore del minore ex art. 473 bis n. 7 c.p.c. articolo inserito nel Libro secondo del codice di procedura civile dal D.lgs n. 149/2022.
3 E’ ripresa la figura del coordinatore genitoriale di creazione giurisprudenziale- Tribunale di Pavia 2020- ex multis- DANOVI F., Il coordinatore genitoriale figura necessaria?
4 Cassazione civile 2009 n. 22238, 2013 n. 11686, 2013 n. 2779.
5 Cassazione civile 2010 n. 16553.
6 La Corte Costituzionale 2011 n. 83 ha affermato il principio per cui il giudice, previa attenta valutazione del caso concreto, può procedere alla nomina di un curatore speciale avvalendosi della disposizione dell’art. 78 c.p.c. che costituisce principio generale destinato ad operare ogni qualvolta sia necessario.
7 Cassazione civile 2018 n. 12957; Cassazione civile 2018 n. 11554: la sussistenza del conflitto deve essere valutata in concreto avuto riguardo all’incapacità dei genitori di tutelare gli interessi dei figli.
8 Le Linee Guida del Consiglio di Europa 2010 suggeriscono che tutti i professionisti che operano con e per i minori devono ricevere adeguata formazione interdisciplinare sui diritti ed i bisogni dei minori; è chiaro che l’avvocatura dovrà ricevere formazione specifica ed in futuro saranno previsti albi specializzati da tenere presso i tribunali circondariali.
9 Tribunale di Milano 2021.
10 L’art. 709 ter c.p.c., orami novellato, conferisce al giudice il potere, da un lato, di assumere i “provvedimenti opportuni” per risolvere la controversia in corso, quindi anche modificando i provvedimenti in vigore, e dall’altro di adottare, a fronte dell’accertamento positivo di grave inadempimento ovvero mancato rispetto del contenuto degli obblighi previsti nel provvedimento giudiziale, misure tipiche afflittive.
11 Non può ignorarsi che finora la giurisprudenza ha mostrato una certa criticità in merito all’applicabilità dell’art. 614 bis c.p.c. come forma di coercizione indiretta; la norma prevede che con il provvedimento di condanna all’adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di danaro il giudice fissa la somma di danaro dovuta all’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento. Ebbene, fino ad oggi la giurisprudenza ha escluso l’applicabilità dell’art. 614 c.p.c. in relazione al dritto/dovere di visita del figlio minore spettante al genitore non collocatatrio trattandosi di potere- funzione che non è sussumibile negli obblighi la cui violazione integra grave inadempienza ex art. 709 te essendo destinato a rimanere libero nel suo esercizio, dovendo essere esito di autonome scelte che rispondono all’interesse superiore del minore (Cassazione civile 2020 n. 6471)
12 Cassazione civile 2020 n. 6471- Cassazione civile 2022 n. 7262.
13 M. BOVE, La misura coercitiva di cui all’art. 614 bis c.p.c., Judicium, 2021
14 Cassazione civile 24.3.2022 n. 286: la ricorrente lamenta che la decisione di allontanare il minore dalla madre, per collocarlo presso una casa-famiglia, previa decadenza dalla sua responsabilità genitoriale, non risponda al suo superiore interesse data la ritenuta necessità di sottrarlo alla madre per garantire l’attuazione del diritto del minore- e del padre- alla bigenitorialità, sulla scorta dell’impossibilità di realizzare il percorso terapeutico intrapreso con i precedenti provvedimenti.
15 Cassazione civile 2020 n. 28723, 2019 n. 9764 ex multis.
16 Corte EDU 2017 Improta/Italia, 2017 Endrizzi/Italia, 2016 Giorgioni/Italia: la Corte invita le autorità nazionali ad adottare tutte le misure atte ad assicurare il mantenimento dei legami tra genitore e figli e sancisce che le misure interne che lo impediscono costituiscono una ingerenza nel diritto protetto dall’art. 8 della Convenzione. I giudici di Strasburgo hanno precisato che in tema di frequentazione tra genitore e figlio gli obblighi positivi da adottarsi dalle autorità degli Stati membri, per garantire effettività alla vita privata o familiare nei termini di cui all’art. 8 della Convenzione EDU, non si limitano al controllo che il bambino possa incontrare il proprio genitore, ma includono un insieme di attività preparatorie, non automatiche o stereotipate, che consentono di raggiungere detto risultato, posto che il trascorrere del tempo può avere conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra fanciullo e genitore CEDU 29.1.2013 Lombardo/Italia.
17 Quando il giudice deve valutare la condotta impeditiva di un genitore del diritto dell’altro alla bigenitorialità (a prescindere da valutazioni pseudo scientifiche di validità della PAS) non può non realizzare il bilanciamento tra il superiore interesse del minore ed il diritto del genitore alla bigenitorialità. Nel caso di specie (Cassazione 2022 n. 286) le conclusioni della CTU, recepite acriticamente dai giudici di merito, lasciano aleggiare la sindrome di alienazione parentale quale forma di abuso psicologico della madre sul figlio, e fonte di pregiudizio psico-fisico sul minore, che vivendo il c.d. patto di lealtà ne subirebbe gli effetti deleteri, introitando sentimenti ostili verso il padre. Tuttavia, evidenzia la Suprema Corte come il richiamo alla sindrome d’alienazione parentale non può dirsi legittimo costituendo il fondamento pseudo-scientifico di provvedimenti gravemente incisivi sulla vita del minore, ed è effettuato utilizzando parametri diagnostici di ardua definizione anche secondo la teoria psicologica, che utilizza parametri valutativi non suscettibili di verifiche empiriche. Orbene, il fatto che il minore, che ha sempre convissuto con la madre, rifiuta di vedere il padre, non equivale a sostenere apoditticamente che la sua volontà sia coartata dalla madre. La questione non incide sul diritto del padre di incontrare il figlio, ma sulle modalità di realizzazione di tale diritto; il provvedimento impugnato infatti confina nell’esecuzione coattiva del prelievo del minore dalla residenza della madre, e recide ogni relazione con quest’ultima che ne rappresenta figura di riferimento.
18 Nel caso in esame- Cassazione 2022 n. 286- il giudice di secondo grado non ha effettuato una scelta corretta per aver omesso tale bilanciamento di interessi, obliterando la concreta eventualità che l’attuazione del diritto alla bigenitorialità attraverso la decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre possa tradursi in un’immediata sofferenza per il minore con rilevanti ripercussioni nel suo futuro.
19 Cassazione civile 2021 n. 1474.
20 Cassazione civile 2020 n. 16410, 2019 n. 12018.
     
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